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Pompei Napoli

30 May 2024

La chiusura del mese mariano ci porta nel bellissimo e preziosissimo Santuario della Vergine di Pompei. Partenza alle 7,30 dalla vecchia stazione di Andria  con arrivo giusto in tempo per la Santa Messa, celebrata da Sua Eccellenza, Mons. Luigi Mansi, Vescovo della nostra diocesi, accompagnato da Mons. Nicola De Ruvo. Una celebrazione sentita e partecipata. Alla fine una bella foto di gruppo! Tempo per fissare qualche messa e/o acquistare qualche ricordino, quindi partenza per Napoli. Qui ci aspettano le guide, subito il pranzo presso il ristorante  O' Munaciello, tipica atmosfera napoletana, buon cibo e buon vino; dopo il caffé, andiamo verso la basilica di San Giovanni Maggiore, 

La basilica di San Giovanni Maggiore è tra le più importanti chiese basilicali di Napoli, situata all'omonimo largo nel centro antico della città. La struttura è rimasta chiusa per decenni a causa di lavori di restauro e indagini archeologiche ed è stata riaperta nel gennaio 2012.La concessione imperiale della libertà di culto, a partire dal celebre Editto del 313, rese possibile la costruzione di questa chiesa, quale luogo di culto all'aperto, ed ispirò anche numerose leggende circa i motivi della sua costruzione. Una di queste leggende tramanda che Costantino avesse desiderato la costruzione della chiesa come ringraziamento per lo scampato pericolo ad un naufragio della figlia Costanza. L'epoca di fondazione della basilica, apposta ad un preesistente tempio pagano (forse dedicato ad Ercole o ad Antinoo), sarebbe da collocare intorno all'anno 324, come avvalorato da un'iscrizione di epoca greca rinvenuta su di un architrave. Tuttavia è certo che un'ampia ricostruzione avvenne oltre due secoli più tardi, nel VI secolo, per opera del vescovo Vincenzo (in carica tra il 558 ed il 581). Probabilmente la basilica, costruita al tempo della dominazione bizantina di Belisario, era ricca di mosaici e cupole[1] e fu poi rimaneggiata in epoca normanna prima ed angioina poi. Le ultime cospicue trasformazioni si ebbero per opera di Dionisio Lazzari che fu chiamato a ristrutturare la chiesa dal 1656 dopo un terremoto avvenuto nel 1635. L'intervento del Lazzari, che rpogettò anche l'attuale cupola, fu completato nel 1685. Successivamente sia le trasformazioni barocche che quelle settecentesche fecero sì che non rimanesse più molto del tempio originario.Altri terremoti nel 1732 e nel 1805 provvidero a far sì che la chiesa venisse più e più volte ristrutturata.Un ulteriore terremoto nel 1870 sconquassò la chiesa e fece crollare la volta. Per i lavori di restauro Gennaro Aspreno Galante non potè eseguire la dettagliata descrizione del tempio per la sua monumentale Guida sacra della città di Napoli se non per ricordi passati. La chiesa rischiò di essere rasa al suolo per dare spazio ad una piazza, ma nel 1872 si avviarono i lavori di ristrutturazione neoclassica voluti con tenacia dal canonico Giuseppe Perrella (ricordato con una lapide lungo la navata destra). I lavori furono eseguiti su progetto dell'ingegnere Giorgio Tomlison che si avvalse delle correzioni di Errico Alvino e di Federico Travaglini e terminarono nel 1887. Cento anni dopo, nel 1970, avvenne un altro cedimento della volta che chiuse la chiesa per quarantadue anni. Tuttavia si avviarono importanti programmi di restauro che portarono alla luce nel 1978 l'abside paleocristiana al di sotto del coro ligneo risalente al XVII secolo. Ciononostante i restauri si sono protratti per decenni e negli anni alcune opere furono rubate. Nel gennaio 2012 finalmente la basilica è stata riaperta grazie anche all'intervento dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia.La chiesa attualmente si presenta con un impianto tipicamente basilicale: una navata centrale e due laterali con nove cappelle laterali, cinque ambienti particolari e un transetto con due cappelloni ai lati. Sulla controfacciata è raffigurata la Predica del Battista ai discepoli, santo cui è dedicata la chiesa, in un grande affresco di Giuseppe De Vivo del 1730.
 
La cappella Pappacoda

La cappella Pappacoda costituisce uno dei più pochi lasciti artistici della Napoli durazzesca. Essa fu commissionata da Artusio Pappacoda, importante membro del patriziato napoletano, gran siniscalco sotto Ladislao I e consigliere di Giovanna II, nel 1415, intitolandola a san Giovanni Battista.

L’edificio, da poco restituito alla città di Napoli dopo dieci anni di chiusura, appare architettonicamente semplice: composto da una fabbrica centrale con una torre campanile sul fianco sinistro nella quale, all’epoca della sua fondazione, risiedevano cinque ecclesiastici che si occupavano dei riti religiosi svolti nella cappella.

Se l’architettura appare alquanto semplice, è nelle decorazioni che la cappella Pappacoda spicca inequivocabilmente. Il portale è un meraviglioso esempio di scultura Quattrocentesca tardogotica, magistralmente eseguita e di grande e rarità, viste le mode artistiche di cui Napoli fu teatro e che l’avrebbero resa, nel corso dei secoli, un tripudio di barocco, andando inevitabilmente a perdere gran parte degli antichi monumenti di periodo medievale. Il portale fu probabilmente realizzato da Antonio Baboccio, scultore attivo nella Napoli durazzesca, autore di numerose tombe di nobili del Regno e altre famose opere, tra le quali spicca il portale della cattedrale di Napoli. L’attribuzione a tale artista fu tuttavia dibattuta, specialmente nell’Ottocento: la paternità dell’opera venne infatti attribuita da alcuni studiosi allo scultore napoletano Andrea Ciccione, la cui attività è coeva a quella del Baboccio. 

Nonostante i pesanti segni del tempo il portale della cappella Pappacoda spicca ancora oggi per bellezza raffinatezza: l’intera composizione è caratterizzata dalla folta presenza di bassorilievi di tematica religiosa che attorniano lo stemma degli Angiò-Durazzo, sotto i quali la famiglia Pappacoda ascese a grandi onori nelle cariche pubbliche. Una colorita descrizione del portale della cappella Pappacoda viene riportata anche dall’erudito napoletano Carlo Tito Dalbono nella sua Guida di Napoli e dintorni, edita nel 1876:

È quasi una storia che vi si spiega. Mosè , i Profeti , la Vergine incoronata, l’Eterno Padre, gli angeli adoranti in graziosi atteggiamenti, i santi nelle loro nicchiette a baldacchino, in alto, come concetto finale (cioè la purgazione della colpa con lo abbattimento del serpente malnato) , l’arcangelo S. Michele ad ali spiegate nella piramide del centro” (pp. 50-52).

Anche la torre adiacente alla cappella risulta degna di nota. Nacque con la facciata in tufo scoperto, così come la vediamo oggi. Il campanile, ricoperto da un motivo a scacchiera che alterna tufo e piperno, fu adorniato da archetti a sesto acuto gotici e colonne tortili, il cui candore spicca ancora maggiormente nella contrapposizione alle tonalità più scure che contraddistinguono la struttura

Sulla parte superiore della torre della cappella Pappacoda è degna di nota la presenza di numerosi marmi di reimpiego, principalmente bassorilievi e ritratti, probabilmente un riutilizzo di reperti provenienti dall’antica Neapolis, impiegati in un periodo storico in cui sempre più rilievo si dava ai lasciti dell’antichità

L’interno della cappella Pappacoda presenta ben poco delle sue caratteristiche originali. Gli elementi più antichi in essa presenti sono le tombe cinquecentesche dei cardinali Angelo e Sigismondo Pappacoda, di stile rinascimentale. Già nel Settecento esso presentava un marcato stato di degrado, tanto che fu necessario un generale restauro, condotto nel 1761 per volontà di Giuseppe Pappacoda, principe di Centola e ultimogenito della famiglia Pappacoda. Gli interni ne uscirono quindi fortemente modificati.

Agli affreschi quattrocenteschi furono sostituiti da stucchi e pitture barocche, andate oggi perdute per il marcato stato di abbandono a cui la cappella fu recentemente soggetta, salvo un unico tondo, posto centralmente sul soffitto della cappella. Fu realizzato un altare barocco in marmo, dietro il quale fu posta una tela rappresentante san Giovanni Battista, della scuola del Solimena, anch’essa oggi andata dispersa. Ai quattro lati della cappella furono invece poste quattro statue ritraenti gli evangelisti, ancora presenti, realizzate da Angelo Vivo, valente allievo del Sammartino.

La cappella Pappacoda, dopo quasi due decenni di degrado, è stata di recente aperta al pubblico, grazie all’impegno di don Salvatore Giuliano e di numerosi volontari che si sono dedicati a rimettere in sesto la struttura dopo anni di abbandono. Oggi essa è divenuta parte del circuito turistico di San Giovanni Maggiore. Al suo interno è stato posto anche il Cristo Rivelato , meravigliosa opera bronzea dell’artista Domenico Sepe, andando ad arricchire con energie ed opere nuove un monumento antichissimo della città.

Non è mancato il folklore napoletano con il corteo degli artisti di strada che ha trasmesso gioia e sorrisi a tutti i turisti.

In chiusura una visita a Scaturchio per le famose Sfogliatelle... quindi partenza per il rientro. Un grazie particolare alla nostra Presidente, a Concetta, alle bravissime guide della cooperativa Medea.