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Pompei Napoli
30 May 2024
La chiusura del mese mariano ci porta nel bellissimo e preziosissimo Santuario della Vergine di Pompei. Partenza alle 7,30 dalla vecchia stazione di Andria con arrivo giusto in tempo per la Santa Messa, celebrata da Sua Eccellenza, Mons. Luigi Mansi, Vescovo della nostra diocesi, accompagnato da Mons. Nicola De Ruvo. Una celebrazione sentita e partecipata. Alla fine una bella foto di gruppo! Tempo per fissare qualche messa e/o acquistare qualche ricordino, quindi partenza per Napoli. Qui ci aspettano le guide, subito il pranzo presso il ristorante O' Munaciello, tipica atmosfera napoletana, buon cibo e buon vino; dopo il caffé, andiamo verso la basilica di San Giovanni Maggiore,
La cappella Pappacoda costituisce uno dei più pochi lasciti artistici della Napoli durazzesca. Essa fu commissionata da Artusio Pappacoda, importante membro del patriziato napoletano, gran siniscalco sotto Ladislao I e consigliere di Giovanna II, nel 1415, intitolandola a san Giovanni Battista.
L’edificio, da poco restituito alla città di Napoli dopo dieci anni di chiusura, appare architettonicamente semplice: composto da una fabbrica centrale con una torre campanile sul fianco sinistro nella quale, all’epoca della sua fondazione, risiedevano cinque ecclesiastici che si occupavano dei riti religiosi svolti nella cappella.
Se l’architettura appare alquanto semplice, è nelle decorazioni che la cappella Pappacoda spicca inequivocabilmente. Il portale è un meraviglioso esempio di scultura Quattrocentesca tardogotica, magistralmente eseguita e di grande e rarità, viste le mode artistiche di cui Napoli fu teatro e che l’avrebbero resa, nel corso dei secoli, un tripudio di barocco, andando inevitabilmente a perdere gran parte degli antichi monumenti di periodo medievale. Il portale fu probabilmente realizzato da Antonio Baboccio, scultore attivo nella Napoli durazzesca, autore di numerose tombe di nobili del Regno e altre famose opere, tra le quali spicca il portale della cattedrale di Napoli. L’attribuzione a tale artista fu tuttavia dibattuta, specialmente nell’Ottocento: la paternità dell’opera venne infatti attribuita da alcuni studiosi allo scultore napoletano Andrea Ciccione, la cui attività è coeva a quella del Baboccio.
Nonostante i pesanti segni del tempo il portale della cappella Pappacoda spicca ancora oggi per bellezza e raffinatezza: l’intera composizione è caratterizzata dalla folta presenza di bassorilievi di tematica religiosa che attorniano lo stemma degli Angiò-Durazzo, sotto i quali la famiglia Pappacoda ascese a grandi onori nelle cariche pubbliche. Una colorita descrizione del portale della cappella Pappacoda viene riportata anche dall’erudito napoletano Carlo Tito Dalbono nella sua Guida di Napoli e dintorni, edita nel 1876:
“È quasi una storia che vi si spiega. Mosè , i Profeti , la Vergine incoronata, l’Eterno Padre, gli angeli adoranti in graziosi atteggiamenti, i santi nelle loro nicchiette a baldacchino, in alto, come concetto finale (cioè la purgazione della colpa con lo abbattimento del serpente malnato) , l’arcangelo S. Michele ad ali spiegate nella piramide del centro” (pp. 50-52).
Anche la torre adiacente alla cappella risulta degna di nota. Nacque con la facciata in tufo scoperto, così come la vediamo oggi. Il campanile, ricoperto da un motivo a scacchiera che alterna tufo e piperno, fu adorniato da archetti a sesto acuto gotici e colonne tortili, il cui candore spicca ancora maggiormente nella contrapposizione alle tonalità più scure che contraddistinguono la struttura
Sulla parte superiore della torre della cappella Pappacoda è degna di nota la presenza di numerosi marmi di reimpiego, principalmente bassorilievi e ritratti, probabilmente un riutilizzo di reperti provenienti dall’antica Neapolis, impiegati in un periodo storico in cui sempre più rilievo si dava ai lasciti dell’antichità.
L’interno della cappella Pappacoda presenta ben poco delle sue caratteristiche originali. Gli elementi più antichi in essa presenti sono le tombe cinquecentesche dei cardinali Angelo e Sigismondo Pappacoda, di stile rinascimentale. Già nel Settecento esso presentava un marcato stato di degrado, tanto che fu necessario un generale restauro, condotto nel 1761 per volontà di Giuseppe Pappacoda, principe di Centola e ultimogenito della famiglia Pappacoda. Gli interni ne uscirono quindi fortemente modificati.
Agli affreschi quattrocenteschi furono sostituiti da stucchi e pitture barocche, andate oggi perdute per il marcato stato di abbandono a cui la cappella fu recentemente soggetta, salvo un unico tondo, posto centralmente sul soffitto della cappella. Fu realizzato un altare barocco in marmo, dietro il quale fu posta una tela rappresentante san Giovanni Battista, della scuola del Solimena, anch’essa oggi andata dispersa. Ai quattro lati della cappella furono invece poste quattro statue ritraenti gli evangelisti, ancora presenti, realizzate da Angelo Vivo, valente allievo del Sammartino.
La cappella Pappacoda, dopo quasi due decenni di degrado, è stata di recente aperta al pubblico, grazie all’impegno di don Salvatore Giuliano e di numerosi volontari che si sono dedicati a rimettere in sesto la struttura dopo anni di abbandono. Oggi essa è divenuta parte del circuito turistico di San Giovanni Maggiore. Al suo interno è stato posto anche il Cristo Rivelato , meravigliosa opera bronzea dell’artista Domenico Sepe, andando ad arricchire con energie ed opere nuove un monumento antichissimo della città.
Non è mancato il folklore napoletano con il corteo degli artisti di strada che ha trasmesso gioia e sorrisi a tutti i turisti.