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Costruire la Legalità... di Dina D'Ambrosio

Costruire la Legalità... di Dina D'Ambrosio

25 October 2024

    Costruire la legalità …

Una frase che reca in sé un sostantivo meraviglioso. Perché legalità condivide il suffisso con le parole felicità, serenità, moralità… cioè scaturente da un concetto astratto che abbiamo insito nella parte migliore della nostra natura umana. Allora come si costruisce ciò che è astratto? Forse costruire la legalità vuol dire costruire castelli in aria ? Si, ed a volte si può…. Questo il lavoro dello studio, dell’informazione, del dialogo… e l’UNITRE contiene in sé questo processo quasi mitologico : costruire qualcosa di astratto, possibile solo facendo cultura permanente e rinnovando ogni giorno il nostro modo di vivere, esattamente in linea con gli obbiettivi de l’Unitre che ci crede da 24 anni con l’entusiasmo di chi ha lasciato un segno indelebile (e vorrei brevemente ricordare che persona splendida è stato Michele Giorgio) e con quello immodificato di chi continua con le medesime aspettative. E se questa è la direzione, cioè costruire la legalità, ponti d’oro all’università della terza età. Perché mai come oggi c’è bisogno di modelli impeccabili. Questa mia introduzione è tanto più efficace quante sono le voci che l’accompagnano . Ed oggi ho deciso di moltiplicare le voci accogliendo quella illustre di Gherardo Colombo. Un giudice, come tutti sappiamo, che ha compreso ad un certo punto che non c’è giustizia senza legalità, per cui ha smesso i panni di magistrato per rivestire quelli di divulgatore di legalità. Ha compreso, nel corso di indagini talmente importanti che avrebbero potuto cambiare il corso della storia italiana, che dopo una prima reazione sensazionalistica lentamente (e nemmeno tanto) la tendenza era quella di svilire il senso della giustizia perché sembrava più facile immedesimarsi con l’impiegato che accetta un regalo per chiudere un occhio, con quel genitore che cercava la strada più corta per assicurare un lavoro al figlio, con quell’imprenditore che nascondeva un po' del suo reddito per garantirsi il massimo guadagno… quindi alla fine sembra che la giustizia parli ai cittadini additandoli e si finisce che la giustizia non sembra così necessaria come dovrebbe. In questo modo la giustizia perde supporto, perde la fonte del proprio lavoro che sono i documenti, le dichiarazioni e quindi si svuota. E come si è sgonfiato il trend delle indagini di Gherardo Colombo così perde quotidianamente vigore quello che è uno dei tre più importanti poteri dello Stato: il potere giudiziario. Adesso più che mai, visto che i processi, soprattutto quelli più efferati, hanno abbandonato le Aule di Corte d’Assise per trasferirsi in TV dove i PPMM nel migliore dei casi sono giornalisti e nel peggiore sono showman o show girl…. Questo trend negativo si inverte solo COSTRUENDO LA LEGALITA’. Costruendo quell’idea secondo la quale è meglio per tutti  comprendere e rispettare le regole. Perché rispettare le leggi vuol dire rispettare tutti. Vuol dire uguaglianza e non a caso l’uguaglianza è il terzo articolo della nostra costituzione, immediatamente dopo l’identificazione della nostra forma di stato e governo. E se il secondo comma dell’art. 3 parla allo Stato, il primo parla a ciascuno di noi, esortandoci a Sentirci uguali senza quelle categorie che la norma sciorina (condizioni economiche, sociali, sesso, religione). Allora : pensare che se abbandoniamo la spazzatura nella murgia creiamo problemi  a qualcun altro vuol dire legalità, pensare  che se non mettiamo in regola la signora la condanniamo ad un futuro senza pensione vuol dire legalità, pensare che se non ci facciamo fatturare le prestazioni professionali riduciamo pericolosamente la torta del gettito fiscale e pregiudichiamo la spesa pubblica è legalità.. Costruire Legalità, dunque, è  un lavoro che precede la giustizia e l’amministrazione della giustizia. E vorrei chiudere con una efficace metafora di Gherardo Colombo: un idraulico lavora su un rubinetto perché l’acqua non arriva. Ma non riesce a risolvere allora intuisce che il problema è a monte, scende in cantina nel rubinetto centrale, lavora tantissimo ma alla fine risolve. Questo vuol dire che il lavoro di chi distribuisce la giustizia non ha alcuna valenza senza il lavoro di chi a monte costruisce legalità.   Questo è magistralmente trasposto nel corto che vedremo. Un racconto corale nel quale ognuno è corresponsabile degli eventi che riguardano  gli altri protagonisti. Corresponsabilità, dunque, è un sostantivo che si può declinare in senso positivo o negativo e la storia che non vi anticipo ce lo spiegherà. Ho trovato efficace anche la scelta dei tempi della regia, l’idea  e la capacità degli attori di rendere più sfaccettature dello stesso personaggio. Vorrei fornire alcuni spunti che certamente aiuteranno ad apprezzare di più il corto. La storia si apre  con una sveglia, come a voler dire a tutti: APREIT L’ECCHJ. Ed ancora, viene da chiedersi: cos’è il benefattore? Cos’è il bene? Può dirsi bene ciò che nel contempo fa male ad altri? La costruzione della legalità può essere affidata a benefattori improvvisati? Il soggetto e la regia hanno saputo giocare con il concetto di legalità/illegalità come in un gioco di specchi che riproduce le facce anche a distanza ma non può mentire perché pure il bene, quando fa del male a qualcuno solo per questo è di per sé illegalità. Giunge, dunque, il momento di sfatare proverbi antichi come “mors tua vita mea” ed andare all’università diventa quella opportunità, forse l’unica, per tornate veramente giovani ed essere al passo con i tempi! E se come ci spiega il regista, l’illegalità ha un movimento circolare e, quindi, infinito, la cultura è il primo se non l’unico modo di spezzare il cerchio e non rischiare il  coinvolgimento.